“ A ciascuno di voi è riservata una persona speciale.
A volte, ve ne sono due o tre o anche quattro.
Per ricongiungersi a voi, viaggiano attraverso gli oceani del tempo e gli spazi siderali.
Vengono dall’altrove, dal cielo. Il vostro cuore le ha già accolte come parte di sé.
Tra voi c’è un legame che attraversa i tempi dei tempi: non sarete mai soli”
Brian Weiss(“Molte vite, un solo amore”)
Non c’è dubbio: l’incontro con un’anima amata è sempre predestinato. È scritto nel destino così come nelle stelle e non avviene mai per pura casualità. Ciò che è raro non è tanto l’incontro (come si potrebbe credere) quanto il riconoscimento reciproco e la capacità di vivere questa esperienza serenamente. Che cosa ci impedisce di riconoscerci? Noi stessi. Le nostre paure. E soprattutto ciò che di noi rifiutiamo. Ecco perché il viaggio alla ricerca dell’altro è soprattutto un viaggio alla ricerca di noi stessi, al recupero di quelle parti di noi meno amate che ci rendono difficile vivere pienamente una qualsiasi esperienza d’amore.
Come dicono i coniugi Hendrix nel loro bellissimo libro “ Conscious loving” (“Amore consapevole”, purtroppo non ancora edito in italia): “l’amore ha una forza potentissima. Se non sappiamo come usare questa forza, cadiamo facilmente vittima delle sue potentissime distorsioni dolorose. È la resistenza all’amore che causa problemi, non l’amore in sé. L’amore ha una luce fortissima e quando ci investe illumina anche le nostre parti oscure. Porta in superficie aspetti di noi che stiamo disperatamente cercando di tenere nascosti. Quando questi emergono nell’incontro e nel rapporto, spesso facciamo muro ed accusiamo l’altro e l’amore di essere causa dei nostri mali”.
Non c’è bisogno di credere al concetto di anime gemelle o compagne per lavorare su noi stessi: tutte le psicoterapie di contatto (terapie che aiutano l’individuo a relazionarsi con gli altri) portano avanti gli identici concetti di accettazione amorevole di sé. Come sostiene la psicoterapia della Gestalt: “ Il paradosso del cambiamento è che per poter cambiare bisogna prima accettarsi per come si è”.
Se noi per primi rifiutiamo noi stessi, come possiamo pensare che gli altri ci accetteranno? In realtà, quei modi di essere (apparentemente) sbagliati stanno tentando di portare un equilibrio nella nostra vita; forse stanno lì per difenderci, o per renderci meno vulnerabili, o per farci funzionare bene nella società e, per quanto incredibile possa sembrare, stanno cercando di aiutarci.
Nel tentativo di colmare un nostro bisogno, vengono però attuate dinamiche che non sono quelle giuste e che spesso ci arrecano dolore o frustrazione impedendoci di dare e ricevere amore. Accettare quei modi di essere vuol dire, allora, porsi in ascolto di noi stessi ed entrare in contatto con il bisogno che ne è alla base. Ascoltandoci possiamo capire quale bisogno stiamo cercando di colmare e ci predisponiamo a trovare un modo nuovo per soddisfarlo. È importante allora ricordare che ogni atto d’ascolto è prima di tutto un atto d’amore. Soltanto imparando ad ascoltare noi stessi e a conoscerci possiamo veramente ascoltare l’altro e ri-conoscerlo. Ogni atto d’amore rivolto a noi stessi è un atto d’amore che facciamo all’altro. È qui che iniziamo ad incontrarlo prima ancora di averlo incontrato davvero.
Fonte: http://www.ekidiluce.it/
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