Le convinzioni sbagliate che ostacolano la felicità
«La felicità dipende dall’esterno». Così la cerchi dove non c’è
È un po’ l’errore numero uno, che li riassume tutti. Spesso si guarda con diffidenza alle persone che pur avendo davvero poco, si dicono felici. Si pensa che siano ingenue, di poche pretese… In realtà siamo noi ad esserlo quando ci facciamo convincere dall’idea che non si può essere felici quando si è soli, o con pochi mezzi, senza una bella casa, un lavoro gratificante… Sono le condizioni che poniamo alla felicità a renderci insoddisfatti: siamo sempre alla ricerca di qualcosa, della speranza che si realizzi un progetto, che si presenti un evento appagante che possa finalmente farci sentire felici.
«La felicità è rara, eccezionale». In questo modo ignori tutti i piccoli momenti felici
Quanti sono i momenti davvero felici nella vita? L’opinione comune è che si contino sulle dita di una mano e corrispondano a eventi eccezionali: il matrimonio, il primo amore, la laurea, la firma di un buon contratto, una vacanza memorabile, la nascita di un figlio… E nella vita di tutti i giorni? Non ce ne accorgiamo più, assuefatti come siamo alla routine e alle abitudini. Invece la vita è cosparsa di istanti felici, basta non soffocarli con i pensieri rivolti ossessivamente al passato.
«Bisogna meritarsela». La trasformi in qualcosa che arriva solo lottando
In fondo siamo convinti che, come tutti i premi, dobbiamo meritarsela. Per esserne degni dobbiamo sottoporci a un duro lavoro, a un grande impegno, a rinunce e sacrifici. Occorre migliorare se stessi, smussare difetti e limiti, raggiungere obiettivi professionali. Bisogna sforzarsi, lottare con noi stessi e col mondo, ottenere successi. Ma così, se per caso ne raggiungiamo un pezzetto, subito andiamo in ansia perché la sentiamo minacciata e finiamo per non godercela nemmeno. È una via sbagliata: gioia e dolore sono stati interiori che convivono nel cervello in ogni istante, perché sono prodotti dal cervello, non dal mondo esterno. Non c’è da fare alcuno sforzo pratico o morale, non c’è da meritarsi la felicità: c’è da lasciarle spazio dentro di noi.
«La felicità è un ideale». Se diventa un’utopia non la raggiungi più
Se pensiamo che la felicità sia il frutto di condizioni ideali, se pensiamo cioè che saremo felici solo quando avremo realizzato quel tal obiettivo, o avremo raggiunto quella determinata meta personale, stiamo rimandando la felicità a un futuro utopico che potrebbe non arrivare mai. Non esiste da nessuna parte un mondo perfetto senza conflitti, problemi, difficoltà; in cui ogni nostro bisogno e desiderio viene appagato. Si tratta di un mondo talmente ideale, da essere inesistente. Ma se la felicità diventa un’utopia, l’infelicità diventa la norma, che si sopporta magari in vista di un fine superiore. Non bisogna mai opporre la realtà di oggi ai sogni di domani: la realtà deve essere il nostro sogno, oggi, qui. Tutto quello che ci serve per essere felici è già a nostra disposizione, non c’è da cercare altro.
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