domenica 20 maggio 2012

Coscienza emotiva

Si definisce “coscienza emotiva” sia l’intensità con la quale apprezziamo il sentire emotivo per valutarne il senso e le conseguenze, sia la capacità di attribuire emozioni agli altri. La rappresentazione soggettiva della risposta emotiva, cioè la coscienza delle emozioni che proviamo, è possibile grazie all’attività integrativa svolta dalla corteccia cingolata anteriore. La rappresentazione dello stato mentale di un’altra persona è possibile, invece, grazie all’attivazione del circuito cosiddetto della “mentalizzazione” che comprende le aree della corteccia prefrontale, del solco temporale superiore, della parte anteriore dei lobi temporali e dell’amigdala.

Sempre in seguito all’introduzione delle tecniche di neuroimaging, è stato possibile anche farsi un’idea dei circuiti nervosi che entrano in gioco nella regolazione delle emozioni. In particolare i recentissimi studi condotti con l’analisi di connettività funzionale hanno mostrato che la capacità dell’uomo di produrre un comportamento emotivo appropriato implica l’attivazione di due circuiti paralleli. Da una parte, esiste una via che sollecita sia strutture sottocorticali (amigdalainsulastriato ippocampo) che corticali (corteccia prefrontale laterale e medianacorteccia cingolata anteriorecorteccia orbitofrontale), la quale sembra implicata nei processi automatici di regolazione emotiva, che agiscono senza una presa di coscienza e che consentono per esempio alla paura di sfumare progressivamente. Dall’altra parte, esiste una via che sollecita soltanto le strutture corticali (corteccia prefrontale laterale e medianacorteccia cingolata anteriore), la quale sembra implicata nei processi volontari di regolazione emotiva e nell’adattamento del comportamento alle diverse situazioni. La scoperta di quest’ultima via si è rivelata fondamentale ai fini della messa a punto di procedure che possono consentire alle persone di giungere ad un maggiore controllo delle proprie emozioni. Un esempio di tali procedure è rappresentato dal neurofeedback nel quale un individuo viene messo nella condizione di osservare su uno schermo la propria attività cerebrale mentre vive una certa emozione e viene poi addestrato a ridurre gradualmente l’attività della regione coinvolta nell’emozione stessa.

In molti casi le emozioni svolgono un ruolo positivo per l’uomo in quanto preparano l’organismo a fronteggiare situazioni critiche di varia natura; la paura ad esempio migliora la capacità di rilevare le minacce circostanti e permette di reagire più rapidamente al pericolo, così come la collera aumenta il tono muscolare e perciò aiuta a difendersi più efficacemente. Ma è pur vero che una paura o una collera esagerate possono bloccare i processi decisionali o far adottare comportamenti imprudenti. Quindi è importante che le persone imparino a regolare al meglio il proprio mondo emotivo. Per fare ciò è indispensabile potenziare le competenze che costituiscono la cosiddetta “intelligenza emotiva”; in pratica è necessario imparare a riconoscere, capire, esprimere, controllare e sfruttare le proprie emozioni.
Per poter gestire un fenomeno emotivo e non semplicemente subirlo, è essenziale innanzitutto imparare ad identificare ciò che si prova. Esistono tre vie che consentono di riconoscere bene le proprie emozioni: esse consistono nell’identificare i pensieri (o cognizioni), i segnali biologici interni (o sensazioni) ed i comportamenti che si verificano in coincidenza di una determinata emozione.
Un esempio aiuterà a chiarire meglio questo concetto. Se consideriamo il caso della collera, il riconoscimento dei pensieri consisterà nell’esaminare qual è il dialogo interno dominante, scoprendo per esempio pensieri del tipo “Non mi sento rispettato”oppure “Si disinteressano a quello che dico, quindi mi considerano uno stupido”. Per quanto riguarda il riconoscimento dei segnali biologici interni, poi, ci si potrà rendere conto che questa emozione determina un’accelerazione del ritmo cardiaco ed un aumento abnorme della sudorazione. Per quanto riguarda il riconoscimento dei comportamenti, infine, si potrà constatare che c’è la tendenza ad assumere atteggiamenti aggressivi, tipo alzare la voce o usare termini valutativi negativi nei confronti dell’interlocutore.
Una volta identificata un’emozione, è necessario poi capire quali sono le cause e le possibili conseguenze. Le emozioni hanno le proprie radici nei bisogni, soddisfatti o meno, dell’essere umano e spesso sono innescate da eventi che non necessariamente hanno un nesso diretto con i bisogni. Per esempio la tristezza ha le proprie radici in un bisogno di condivisione e di scambio non soddisfatto; in pratica un individuo si sente triste perché è solo. Ma l’evento in grado di innescare l’emozione, o la sua manifestazione esteriore più nota che è il pianto, può essere un brano musicale o la scena di un film, che ovviamente non possono essere considerati causa della tristezza. In questi termini capire il senso di un’emozione significa di fatto analizzare i propri bisogni ed il loro grado di soddisfazione/insoddisfazione. E’ importante perciò interrogarsi sempre su quali sono le cause profonde delle manifestazioni emotive e non attribuire semplicemente agli elementi scatenanti più prossimi la responsabilità. Capire le proprie emozioni in un certo senso vuol dire rendersi conto della propria relazione col mondo.
Dopo che una persona ha riconosciuto e capito un suo stato emotivo il passo successivo consiste nel trovare le parole giuste per esprimere ciò che prova, possibilmente senza che l’emozione ne alteri l’espressione. Le emozioni possono essere espresse tanto a voce quanto per iscritto e quasi sempre con un risultato benefico per chi lo fa. La tendenza a parlare di ciò che si prova in corrispondenza di eventi particolarmente carichi dal punto di vista emotivo, può essere considerata universale. La conseguenza immediata del confidare ad altri le proprie emozioni è lo stringersi del legame tra chi racconta e chi ascolta.
Ci sono diversi modi per controllare le emozioni, uno dei più efficaci è quello cosiddetto della “rivalutazione cognitiva”. Si tratta di prendere atto che il più delle volte le emozioni negative non sono tanto legate alla situazione specifica che si sta vivendo, quanto piuttosto alla valutazione che si fa della stessa. Se si parte da questo presupposto è logico, oltre che possibile, trovare anche valutazioni alternative. In altre parole è importante imparare a “vedere” le cose da diverse angolature. Per esempio, provate ad immaginare una persona che, dopo aver consegnato la tesi al professore ed averne ricevuto delle osservazioni critiche, si convince che dietro quelle osservazioni si nasconda un giudizio negativo ben più ampio, che mette in discussione il suo livello di preparazione o addirittura il suo valore complessivo; è molto probabile che la persona comincerà a sentirsi in collera, delusa o triste. Provate ad immaginare invece che nella stessa circostanza la persona, sforzandosi, riesca a vedere le cose in maniera differente, e di convincersi che la tesi tutto sommato sia stata giudicata buona, visto che nessun giudizio negativo è stato espresso in tal senso, e che le critiche sono state sollevate soltanto con l’intento di migliorare il risultato finale; è molto probabile che in questo secondo caso la situazione emotiva della persona sia radicalmente diversa, cioè positiva, rispetto alla precedente.
Un altro modo che solitamente le persone usano per controllare le proprie emozioni negative è la ricerca di un maggiore contatto sociale. L’isolamento è sicuramente un fattore che facilita lo scatenamento di emozioni negative quali la tristezza o l’angoscia; di contro stare insieme agli altri condividendo i propri sentimenti costituisce un fattore altamente protettivo contro il perdurare di uno stato emotivo negativo.
Anche nel campo delle emozioni positive un buon controllo può rivelarsi molto importante. In effetti, anche le emozioni positive sono un’arma a doppio taglio perché possono spingere a percepire e valutare situazioni e persone con troppo entusiasmo. Per esempio, un responsabile delle risorse umane che viene a sapere che suo figlio è appena nato, rischia di vedere tutto positivamente nelle ore e nei giorni seguenti. Se dovesse incontrare un candidato da selezionare proprio in questo momento, potrebbe attribuirgli maggiori qualità rispetto a quelle attribuite ad un altro candidato il cui colloquio è avvenuto solo qualche giorno prima. E’ importante essere consapevoli di queste insidie se si vuole riuscire a distinguere ciò che è legato a un giudizio obiettivo da ciò che è influenzato dalle nostre emozioni ed esprimere così valutazioni corrette. Se si hanno chiari gli effetti ingannevoli prodotti dal nostro stato emotivo, sia positivo che negativo, si potrà essere maggiormente capaci di sfruttare al massimo il lato positivo delle emozioni.
Saper dare un nome a ciò che proviamo interiormente, parlarne alle persone che ci sono vicine, condividere il nostro mondo interiore con chi ci circonda, sono le componenti essenziali della nostra intelligenza emotiva, che ci aiutano a rendere la vita più facile e più adattata alla realtà sociale, oltre che contribuire a migliorare la nostra salute.http://www.mentesana.it/la-salute-mentale-othermenu-12/198-lintelligenza-emotiva.html

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