Si definisce “coscienza emotiva”
sia l’intensità con la quale apprezziamo il sentire emotivo per
valutarne il senso e le conseguenze, sia la capacità di attribuire
emozioni agli altri. La rappresentazione soggettiva della risposta
emotiva, cioè la coscienza delle emozioni che proviamo, è possibile
grazie all’attività integrativa svolta dalla corteccia cingolata anteriore.
La rappresentazione dello stato mentale di un’altra persona è
possibile, invece, grazie all’attivazione del circuito cosiddetto della
“mentalizzazione” che comprende le aree della corteccia prefrontale, del solco temporale superiore, della parte anteriore dei lobi temporali e dell’amigdala.
Sempre in seguito all’introduzione delle tecniche di neuroimaging, è stato possibile anche farsi un’idea dei circuiti nervosi che entrano in gioco nella regolazione delle emozioni.
In particolare i recentissimi studi condotti con l’analisi di
connettività funzionale hanno mostrato che la capacità dell’uomo di
produrre un comportamento emotivo appropriato implica l’attivazione di
due circuiti paralleli. Da una parte, esiste una via che sollecita sia
strutture sottocorticali (amigdala, insula, striato e ippocampo) che corticali (corteccia prefrontale laterale e mediana, corteccia cingolata anteriore e corteccia orbitofrontale),
la quale sembra implicata nei processi automatici di regolazione
emotiva, che agiscono senza una presa di coscienza e che consentono per
esempio alla paura di sfumare progressivamente. Dall’altra parte, esiste
una via che sollecita soltanto le strutture corticali (corteccia prefrontale laterale e mediana e corteccia cingolata anteriore),
la quale sembra implicata nei processi volontari di regolazione emotiva
e nell’adattamento del comportamento alle diverse situazioni. La
scoperta di quest’ultima via si è rivelata fondamentale ai fini della
messa a punto di procedure che possono consentire alle persone di
giungere ad un maggiore controllo delle proprie emozioni. Un esempio di
tali procedure è rappresentato dal neurofeedback nel quale un
individuo viene messo nella condizione di osservare su uno schermo la
propria attività cerebrale mentre vive una certa emozione e viene poi
addestrato a ridurre gradualmente l’attività della regione coinvolta
nell’emozione stessa.
In molti casi le emozioni svolgono un
ruolo positivo per l’uomo in quanto preparano l’organismo a fronteggiare
situazioni critiche di varia natura; la paura ad esempio migliora la
capacità di rilevare le minacce circostanti e permette di reagire più
rapidamente al pericolo, così come la collera aumenta il tono muscolare e
perciò aiuta a difendersi più efficacemente. Ma è pur vero che una
paura o una collera esagerate possono bloccare i processi decisionali o
far adottare comportamenti imprudenti. Quindi è importante che le
persone imparino a regolare al meglio il proprio mondo emotivo. Per fare
ciò è indispensabile potenziare le competenze che costituiscono la
cosiddetta “intelligenza emotiva”; in pratica è necessario imparare a riconoscere, capire, esprimere, controllare e sfruttare le proprie emozioni.
Per poter gestire un fenomeno emotivo e
non semplicemente subirlo, è essenziale innanzitutto imparare ad
identificare ciò che si prova. Esistono tre vie che consentono di riconoscere bene
le proprie emozioni: esse consistono nell’identificare i pensieri (o
cognizioni), i segnali biologici interni (o sensazioni) ed i
comportamenti che si verificano in coincidenza di una determinata
emozione.
Un esempio aiuterà a chiarire meglio
questo concetto. Se consideriamo il caso della collera, il
riconoscimento dei pensieri consisterà nell’esaminare qual è il dialogo
interno dominante, scoprendo per esempio pensieri del tipo “Non mi sento
rispettato”oppure “Si disinteressano a quello che dico, quindi mi
considerano uno stupido”. Per quanto riguarda il riconoscimento dei
segnali biologici interni, poi, ci si potrà rendere conto che questa
emozione determina un’accelerazione del ritmo cardiaco ed un aumento
abnorme della sudorazione. Per quanto riguarda il riconoscimento dei
comportamenti, infine, si potrà constatare che c’è la tendenza ad
assumere atteggiamenti aggressivi, tipo alzare la voce o usare termini
valutativi negativi nei confronti dell’interlocutore.
Una volta identificata un’emozione, è necessario poi capire quali
sono le cause e le possibili conseguenze. Le emozioni hanno le proprie
radici nei bisogni, soddisfatti o meno, dell’essere umano e spesso sono
innescate da eventi che non necessariamente hanno un nesso diretto con i
bisogni. Per esempio la tristezza ha le proprie radici in un bisogno di
condivisione e di scambio non soddisfatto; in pratica un individuo si
sente triste perché è solo. Ma l’evento in grado di innescare
l’emozione, o la sua manifestazione esteriore più nota che è il pianto,
può essere un brano musicale o la scena di un film, che ovviamente non
possono essere considerati causa della tristezza. In questi termini
capire il senso di un’emozione significa di fatto analizzare i propri
bisogni ed il loro grado di soddisfazione/insoddisfazione. E’ importante
perciò interrogarsi sempre su quali sono le cause profonde delle
manifestazioni emotive e non attribuire semplicemente agli elementi
scatenanti più prossimi la responsabilità. Capire le proprie emozioni in
un certo senso vuol dire rendersi conto della propria relazione col
mondo.
Dopo che una persona ha riconosciuto e
capito un suo stato emotivo il passo successivo consiste nel trovare le
parole giuste per esprimere ciò che prova,
possibilmente senza che l’emozione ne alteri l’espressione. Le emozioni
possono essere espresse tanto a voce quanto per iscritto e quasi sempre
con un risultato benefico per chi lo fa. La tendenza a parlare di ciò
che si prova in corrispondenza di eventi particolarmente carichi dal
punto di vista emotivo, può essere considerata universale. La
conseguenza immediata del confidare ad altri le proprie emozioni è lo
stringersi del legame tra chi racconta e chi ascolta.
Ci sono diversi modi per controllare le
emozioni, uno dei più efficaci è quello cosiddetto della “rivalutazione
cognitiva”. Si tratta di prendere atto che il più delle volte le
emozioni negative non sono tanto legate alla situazione specifica che si
sta vivendo, quanto piuttosto alla valutazione che si fa della stessa.
Se si parte da questo presupposto è logico, oltre che possibile, trovare
anche valutazioni alternative. In altre parole è importante imparare a
“vedere” le cose da diverse angolature. Per esempio, provate ad
immaginare una persona che, dopo aver consegnato la tesi al professore
ed averne ricevuto delle osservazioni critiche, si convince che dietro
quelle osservazioni si nasconda un giudizio negativo ben più ampio, che
mette in discussione il suo livello di preparazione o addirittura il suo
valore complessivo; è molto probabile che la persona comincerà a
sentirsi in collera, delusa o triste. Provate ad immaginare invece che
nella stessa circostanza la persona, sforzandosi, riesca a vedere le
cose in maniera differente, e di convincersi che la tesi tutto sommato
sia stata giudicata buona, visto che nessun giudizio negativo è stato
espresso in tal senso, e che le critiche sono state sollevate soltanto
con l’intento di migliorare il risultato finale; è molto probabile che
in questo secondo caso la situazione emotiva della persona sia
radicalmente diversa, cioè positiva, rispetto alla precedente.
Un altro modo che solitamente le persone
usano per controllare le proprie emozioni negative è la ricerca di un
maggiore contatto sociale. L’isolamento è sicuramente un fattore che
facilita lo scatenamento di emozioni negative quali la tristezza o
l’angoscia; di contro stare insieme agli altri condividendo i propri
sentimenti costituisce un fattore altamente protettivo contro il
perdurare di uno stato emotivo negativo.
Anche nel campo delle emozioni positive
un buon controllo può rivelarsi molto importante. In effetti, anche le
emozioni positive sono un’arma a doppio taglio perché possono spingere a
percepire e valutare situazioni e persone con troppo entusiasmo. Per
esempio, un responsabile delle risorse umane che viene a sapere che suo
figlio è appena nato, rischia di vedere tutto positivamente nelle ore e
nei giorni seguenti. Se dovesse incontrare un candidato da selezionare
proprio in questo momento, potrebbe attribuirgli maggiori qualità
rispetto a quelle attribuite ad un altro candidato il cui colloquio è
avvenuto solo qualche giorno prima. E’ importante essere consapevoli di
queste insidie se si vuole riuscire a distinguere ciò che è legato a un
giudizio obiettivo da ciò che è influenzato dalle nostre emozioni ed
esprimere così valutazioni corrette. Se si hanno chiari gli effetti
ingannevoli prodotti dal nostro stato emotivo, sia positivo che
negativo, si potrà essere maggiormente capaci di sfruttare al massimo il
lato positivo delle emozioni.
Saper dare un nome a ciò che proviamo
interiormente, parlarne alle persone che ci sono vicine, condividere il
nostro mondo interiore con chi ci circonda, sono le componenti
essenziali della nostra intelligenza emotiva, che ci aiutano a rendere
la vita più facile e più adattata alla realtà sociale, oltre che
contribuire a migliorare la nostra salute.http://www.mentesana.it/la-salute-mentale-othermenu-12/198-lintelligenza-emotiva.html
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