Per lo sciamanesimo, la nozione di io non ha alcun senso.
Le trance o stati sciamanici di coscienza hanno a che fare con il presente e con la possibilità di liberarsi dai condizionamenti e dalle convenzioni quotidiane.
Entrare in trance o in uno stato sciamanico di coscienza, significa muoversi in una condizione estatica di consapevolezza, con una percezione che va oltre ciò che i sensi fisici apparentemente segnalano.
Ciò che percepisco nella vita ordinaria corrisponde esclusivamente ai tipi di realtà a cui ho deciso di attribuire un significato.
Mi sono condizionato a vedere il mondo secondo un certo programma e, quando sposto la consapevolezza, muovendomi oltre la mente ordinaria, che continua sempre a ripetere quel programma, allora posso percepire il mondo in un altro modo.
Una delle prospettive essenziali di visione dello sciamanesimo è che io non sono un essere fisico: io sono un campo di energia o faccio parte di un Tutto o piuttosto, e in un’accezione più propriamente sciamanica, l’intera nozione di io, intesa come separata da tu e loro, non ha alcun senso. Negli ultimi millenni l’umanità pare essersi allontanata da questo tipo di consapevolezza per confinarsi quasi esclusivamente nell’identificazione con il corpo fisico e nell’idea di essere un’unità frammentata (poco importa se la chiamo ego, personalità, sé o anima).
Un modo in cui posso riuscire di nuovo a percepire gli altri e il mondo nella loro forma di unità originaria è attraverso i viaggi e le esperienze sciamaniche. La trance e gli stati sciamanici di coscienza fanno parte della struttura genetica di base degli esseri umani.
Ognuno di noi ha il bisogno genetico di avere esperienze estatiche. Il problema è che tali esperienze, come evidenziano molti dei termini impiegati per identificarle (alterazione della coscienza, trance, ecc.), sono spesso considerate anormali e pericolose. Nella maggioranza delle società umane contemporanee esse non vengono accettate socialmente e non trovano alcun posto nei sistemi di educazione.
Di conseguenza finiscono sovente con l’esprimersi attraverso manifestazioni devianti come pazzia, alcoolismo, tossicodipendenza, criminalità, perversioni, ecc.

L’esperienza estatica
Buona parte dell’umanità sembra vivere in uno stato di ecstasy deprivation (privazione dell’estasi), come lo chiama l’antropologa Felicitas Goodman. L’esperienza estatica è un bisogno fondamentale per l’uomo. Il contatto con la fonte di soddisfazione di tale bisogno è disturbato da qualcosa che è successo in un passato che si estende ben oltre le documentazioni storiche ufficiali.
Secondo alcuni antropologi, le esperienze estatiche e il rapporto con le realtà non ordinarie costitui- vano l’aspetto tipico dei popoli che vivevano anticamente sul nostro pianeta. Si trattava di gente nomade, dedita alla caccia o alla raccolta ciclica dei prodotti della terra, che col tempo finì con l’estinguersi o trasformarsi in agglomerati tribali fondati sull’orticoltura. Con questo passaggio, dalla caccia, o raccolta spontanea, all’orticoltura, si accelerò il processo di separazione dalla coscienza dei popoli precedenti. Con lo sviluppo delle società agricole e in seguito di quelle urbane, questo processo divenne poi definitivo.
Le documentazioni sulle esperienze estatiche delle popolazioni primordiali iniziarono probabilmente a svilupparsi allorché le società basate sull’orticoltura si erano già insediate. Queste società tramandarono una serie di strumenti e istruzioni al fine di preservare l’accesso alle esperienze dei loro antenati. Il procedere degli eventi accentuò tuttavia la separazione da questo vissuto e lo rese in seguito incompatibile con la prospettiva dualistica di dominio e potere che prevalse su gran parte del nostro pianeta.
Nelle società recenti sono state generalmente ignorate altre possibilità di percezione oltre quelle del corpo fisico. Le cose che vedo con gli occhi fisici, identificate con un nome e uno spazio specifico, sono state estratte dalla loro unità originaria e trasformate in entità separate. Esse possiedono contorni netti e sono distaccate tra di loro da aree definite in genere co
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